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I Graffiti delle carceri di Palazzo Steri

<< piange la misera perché il luogo è di pianto >>

di Chiara Gardelli

La Storia del Palazzo

Palazzo Chiaramonte Steri ( Hosterium Magnum) , si trova in Piazza Marina a Palermo.

Fu voluto nel 1306 da Giovanni Chiaramonte e venne costruito a partire dal 1307 come dimora di Manfredi I Chiaramonte.

Il Palazzo ha già un precedente crudele che riguarda i Chiaramonte in quanto nel 1392, l’ultimo erede, Andrea Chiaramonte fu decapitato il primo giugno in Piazza Marina, proprio fuori dal Palazzo che era stato simbolo della sua famiglia.

Da quel momento il Palazzo espropriato ai Chiaramonte divenne proprietà della corona aragonese e nel 1600 il Santo Uffizio ottenne da Filippo III di trasferire la propria sede allo Steri. Il Palazzo necessitava sia lavori di restauro sia la costruzione di nuove carceri, ma si riscontrò una notevole difficoltà finanziaria e nel 1601 gli inquisitori chiesero di poter usare il denaro della stessa Inquisizione, ovvero quello proveniente dalle pene pecuniarie inflitte agli inquisiti.1 Nel corso del XVII secolo, via via che i carcerati vengono trasferiti ,le pareti dello Steri iniziano ad essere riempite da scritte, disegni e graffiti.

1 G.Fiume, Parole Prigioniere (pp.170-172)

Come sottotitolo, ho riportato una scritta che potete vedere e leggere nella (Foto 1):

<< piange la misera perché il luogo è di pianto >>.

Una scritta che rivela l’afflizione, perché era proprio questo Palazzo Steri, un luogo degli afflitti, dove chi vi entrava avrebbe iniziato il proprio viaggio all’inferno:

<< laxati ogni spiranza vui chi intriati >> ,si legge in diverse celle, testimonianza della disperazione dei carcerati.

I carcerati dello Steri

Chi erano questi carcerati?

Le carte processuali ci informano che la maggior parte dei carcerati erano ebrei, luterani, calvinisti, valdesi, millenaristi, ma anche cristiani rinnegati. I religiosi (tra cui anche frati minori e predicatori) furono la porzione più consistente dopo quella ebraica. In merito ricordo il frate agostiniano Fra Diego La Matina che uccise per tremenda disperazione l’inquisitore Don Juan Lopez de Cisneros durante un interrogatorio ( la tomba di questo inquisitore si può visitare a Palermo all’interno della Chiesa di Santa Maria degli Angeli) .

Uomini e donne di diversa provenienza geografica ( nelle pareti leggiamo scritte in siciliano, arabo, latino,italiano, inglese e ebraico). La maggior parte dei detenuti dello Steri erano persone istruite,con perlomeno una cultura discreta. Questo aspetto si comprende analizzando le scritte e i disegni delle pareti che danno voce a distanza di secoli a queste persone, comunicandoci oltre al loro patimento, anche le loro conoscenze e la loro cultura teologica , quindi ci tramandano un parziale profilo biografico e alcuni di loro, come ha scritto Pietro Sorci, nel volume Parole Prigioniere : << conoscono le Scritture , la storia sacra, le tradizioni religiose popolari, l’agiografia e l’iconografia dei santi, citano correttamente i salmi, ricordano i testi della liturgia e dei libri d’ore, citati generalmente in buon latino e si esprimono in buon siciliano >>.

Tra gli inquisiti, oltre ai religiosi , troviamo infatti, medici, uomini di legge, mercanti, nobili, magistrati, insegnanti di scuola, pittori ,musicisti ecc., un numero consistente di persone colte alle quali si attribuiscono i disegni più elaborati. Insieme a coloro, troviamo: pescatori (Foto 3), militari,lavoratori urbani e agricoli ,artigiani ecc., tutte persone che avevano conoscenze tecniche .

I carcerati erano accusati di essere protestanti, bestemmiatori, negromanti e streghe, sodomiti ecc.

2. San Pietro.<< Inanitur sanctus Petrus qui pandes celestia regna, queso mihi portam pande iubende Deo.B.>>. Più in basso il salmo di Giobbe (10, 21-22).
3.Disegno della battaglia di Lepanto,
attribuito al pescatore Francesco Mannarino,
incarcerato come apostata. La storica Giovanna Fiume ritiene che Mannarino si ispirò alle allegorie che Paolo Veronese dipinse negli anni settanta del Cinquecento.

I muri: strumento di fede e ribellione

Riguardo gli strumenti e i metodi utilizzati dai carcerati per scrivere e disegnare, il discorso è abbastanza ampio e concerne diversi aspetti che gli studiosi hanno analizzato caso per caso. A larghe linee veniva utilizzato qualsiasi oggetto duro o tagliente come le stesse catene , per rigare il muro, mentre i carboncini e gli inchiostri erano creati in molteplici maniere, soprattutto veniva usato il fumo delle candele.

Un’ importante domanda che ha generato pareri discordanti è sulla tollerabilità degli inquisitori nel vedere le immagini e le scritte sui muri. Alcuni studiosi concordano nel ritenere che addirittura ,in determinate situazioni, possono essere stati gli stessi inquisitori a consegnare ai carcerati gli strumenti per scrivere e disegnare, un modo per fare espiare i peccati, attraverso le raffigurazioni sacre, ma anche nel caso delle immagini cristiane che sono prevalenti, di imporre il proprio credo agli altri prigionieri. Infatti, le fonti ci informano che sono numerosi i casi in cui i prigionieri litigano per le scritte e i disegni o cancellano quelli dei precedenti carcerati, per religione differente. Ci sono studiosi che hanno interpretato i graffiti e le immagini come funzione utilitaria , un modo dei prigionieri per comunicare agli inquisitori la loro ortodossia e quindi la loro innocenza. Generalmente i graffiti e i disegni rappresentano un atto di ribellione per le ingiustizie e le torture subite . La fede è l’unica consolazione e attraverso la raffigurazioni delle immagini sacre comunicano messaggi di ingiustizia terrena in antitesi alla giustizia divina e rappresentano le sofferenze di Cristo e dei martiri, per descrivere il loro patire in quel luogo.

Si leggono parole in siciliano come :<<dogghia, dogghia murtali, stentu, turmentu>>. E ancora << Sugnu mortu et ancora haiu a muriri>> , ad indicare la condizione di morto vivente.

La storia del carcerato Gian Francesco Bonanno e i suoi graffiti a Palazzo Steri

Gian Francesco Bonanno fu protagonista di un lungo conflitto con il Santo Uffizio2 e attraverso i graffiti che ci ha lasciato ritengo che si possa cogliere il patimento che i prigionieri vivevano nelle carceri del Santo Uffizio di Palermo.


Bonanno era un uomo di un certo prestigio sociale, un commissario esecutivo che girava la Sicilia per conto del tesoriere. Quello che sappiamo su di lui lo conosciamo attraverso le annotazioni dei notai dell’Inquisizione che lo soprannominarono “Felippazzo” o “Filippaccio” , per il suo carattere irrequieto.

Nel 1606 Bonanno fu condannato a cinque anni di galera per << diversos sortilegios con ynbocación e veneración de demonios>> , era accusato di essere uno stregone. Ritenuto inabile al remo, gli fu comminata la pena in detenzione coatta all’interno di un ospedale.
Bonanno però si allontanò e per questo fu processato una seconda volta nel 1607 e condannato a sette anni di galera, al bando del Regno di Sicilia. Si desume che fosse un uomo scaltro, dal momento che durante il suo trasferimento riuscì a fuggire facendo perdere ogni traccia.
Questa prima parte della storia del Bonanno, si concluse con la sua cattura a Naxos, vicino Taormina, ma questa volta venne accusato pure di omicidio, perché nel corso della sua cattura, lo sgherro assoldato dall’Inquisizione venne ferito a morte da una schioppettata. Bonanno quindi nel 1609 , per la terza volta venne riportato allo Steri e uscì da lì un anno dopo da penitenziato, con una condanna a duecento frustrate e all’esilio coatto a Pantelleria. Anche questa volta però riuscì a cambiare il suo destino, ritardando il suo viaggio per l’isola e infine a progettare una fuga a Napoli.

2G. Civale, Animo Carcerato (pp.279-282)


A questo punto, la sua storia volse al termine, fu nuovamente catturato e portato alle carceri dello Steri, dove vi rimase dal gennaio del 1611 all’aprile del 1612, mese in cui gli venne decretata una sentenza al carcere perpetuo
nel castello di Marsala. Le autorità della città però, non appena fu loro consegnato, lo impiccarono, per l’assassinio compiuto l’anno prima.

Sotto vi riporto un’immagine ( Foto 4) della Cella Numero 3 della parete destra che molto probabilmente è stata creata da Gian Francesco Bonanno, per la data e la firma che possiamo leggere:

    << A dì 7 giugno 1610 me G.F.B. Migliaro pinxit >>. Secondo lo storico Gianclaudio Civale, la parola <<migliaro>> potrebbe significare <<come pietra militare>> oppure <<a perenne ricordo>>.

    4.

    ln alto la scritta tratta dal salmo 20:

    << COGITAVERUNT CONSILIA QUAE NON POTUERUNT STABILIRE>>

    (Hanno tramato contro di me insidie , ma non hanno avuto successo).

    Sotto sono apparentemente dipinti dei soldati romani e uno di questi a cavallo porta un labaro con la sigla: SPPR. In realtà le figure dei soldati rappresentano gli inquisitori e lo capiamo sia dall’abbigliamento

    ( si veda il dettaglio del cappello) sia dai baffi, ma anche dalle catena tirata dall’uomo con il cappello.

    Sul braccio trasversale della croce si legge: << CRUX VENERABILIS, AVE,SALUTEM ATTULISTI MISERIS>> (Croce venerabile, ti saluto: hai portato la salvezza ai miseri).

    Sull’asta verticale: << PROPTER NOS HOMINES ET PROPTER NOSTRAM SALUTEM>>(Per noi uomini e per la nostra salvezza)

    In basso a destra, leggiamo la scritta Jerusalem e vediamo gli edifici che rimandano al luogo della condanna e della crocifissione.

    A sinistra, simmetrico a Gerusalemme, il carcere dello Steri, ad indicare che la passione di Cristo si ripete anche in questo luogo.

    La riscoperta del dolore: urla silenziose

    Agli inizi del Novecento fu lo studioso Giuseppe Pitrè a riscoprire la voce occultata dei prigionieri. Questo patrimonio documentario era nascosto sotto diversi strati di intonaco, dal momento che a seguito dell’abolizione del Santo Uffizio nel 1782, le carceri divennero uffici giudiziari e sedi di diversi archivi amministrativi.

    La scoperta avvenne nel corso dei lavori di restauro, durante i quali una parte di calce si scrostò in una camera del primo piano facendo emergere un’immagine. Il senatore del Regno, Giuseppe Pitrè venne informato della scoperta e lo studioso dedicò mesi allo scrostamento di propria mano, studiando e annotando ciò che andava scoprendo .

    Poi però ancora una volta le pareti vennero intonacate per gli uffici giudiziari e restarono coperte fino alla Seconda Guerra Mondiale. Quando Pitrè tornò nelle carceri, si trovò di fronte ad una situazione tragica. Le scoperte che aveva fatto non erano state tutelate . Da quel momento dunque venne avviato un programma di tutela e recupero, al quale contribuì anche Leonardo Sciascia. Solo il restauro degli anni 2000-2007 ha portato alla luce gran parte delle testimonianze e a partire dal 2011 le carceri sono state aperte al pubblico.


    Devo precisare che l’argomento in questione è molto complesso e articolato. Specialisti di vari ambiti hanno collaborato per ridare voce a questa memoria storica, analizzandone nel dettaglio ogni singolo aspetto sia morale sia figurativo. Lo scopo di ciò che ho scritto è di divulgare la conoscenza delle carceri del Santo Uffizio di Palermo e dei graffiti contenuti nelle pareti, per introdurre l’argomento a coloro che vorranno approfondire a riguardo. Palazzo Steri e le sue carceri sono un luogo di immensa conoscenza storica, ma è doveroso ricordare che quando si visitano le sue carceri, quello che si vede e si legge su quei muri, non sono soltanto disegni e scritte, ma stati d’animo struggenti, voci del passato che riecheggiano la loro memoria, lacrime che non hanno mai smesso di scorrere e dolore che è ancora lì dentro, tra quelle mura, impresso su quelle pareti , da guardare con fede e profondo rispetto , per chi in quel luogo ci trovò la propria condanna. E anche e soprattutto per quelle persone che ho voluto scrivere su questo argomento, affinché il passato non venga mai dimenticato e si possa comprendere l’importanza della memoria, perché soltanto la conoscenza del passato può dare le chiavi per il futuro.

    Bibliografia

    Parole Prigioniere, I graffiti del Santo Uffizio di Palermo, a cura di Giovanna Fiume e Mercedes García-Arenal

    Gianclaudio Civale, Animo Carcerato. Inquisizione, Detenzione e Graffiti a Palermo nel secolo XVII: https://d1wqtxts1xzle7.cloudfront.net/54350520/civaleanimocarcerato-libre.pdf?1504678350=&response-content-disposition=attachment%3B+filename%3DANIMO_CARCERATO_INQUISIZIONE_DETENZIONE.pdf&Expires=1759874090&Signature=d5t5LcqZfhHuWf1owDrVHm-1mlvi~R0UsC2K1dlHPsUcRaMDIV2oUDbrkukhUbXJgW-BUrH7QVv7PWZP42bRv8bWR8KCIaxNgZ5Vll0AR8C3pFnVCAIA9hxvDntHlgyUdBZo3JG0X3E8yBg1EcNEhqPs3PHhUTuwwUJi4s4Xb5C0fImAWx3HTMVqmPaSuxpZUV4Fv22g7sQVapo7Ks0PQEr-IwF7eOp2vq5fCyQoklsWfIEzvXDXqVKT3ZIo28~exQ2hCb0nA~OqRf0I46MIbsD5TCkhJ-XY-U~R-B3~xNNp8lK21mC7hT6IAadP~SM5XjXQZPydarPumVxVsSwLqA__&Key-Pair-Id=APKAJLOHF5GGSLRBV4ZA

    Valeria La Motta, Contra Haereticos, L’Inquisizione Spagnola in Sicilia

    Maria Sofia Messana, Inquisitori, negromanti e streghe nella Sicilia moderna (1500-1782)

    Helen Rawlings, L’Inquisizione spagnola